Il presente rapporto è stato stilato dalla Commissione di storici italiani e tedeschi (cinque italiani e cinque tedeschi e precisamente prof. Mariano Gabriele – presidente -, dott. Carlo Gentile, prof. Paolo Pezzino, dott.ssa Valeria Silvestri e prof. Aldo Venturelli, dottssa Gabriele Hammermann, dott. Lutz Klinkhammer, prof. Wolfgang Schieder – presidente -, dott.Thomas Schlemmer e dott.Hans Woller) istituita dai rispettivi governi nel dicembre 2008. Questa Commissione ha lavorato sul passato di guerra dei due Stati, in particolare sul problema trascurato degli internati militari, e su quello delle stragi, per tentare di cucire le ferite ancora aperte e arrivare ad un processo di riconciliazione. Il 10 dicembre 2012, quando questo rapporto è stato presentato per la prima volta alla Farnesina a Roma, il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle ha iniziato il suo discorso citando il pensiero di Primo Levi sull’orrore dei crimini nazisti: ” Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario ” perché le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate, anche le nostre E ha aggiunto ” Nel nome della Germania negli anni 43-45 vennero perpetrati in Italia contro italiani crimini in nessun modo giustificabili” responsabilità morale e penale che non è stata negata dalla sentenza del tribunale dell’Aja del febbraio 2012, anche se questa ha respinto sul piano giuridico la richiesta di indennizzi.” ” Ci inchiniamo – egli ha detto – dinanzi alle vittime. Riconosciamo che il loro destino deve ricevere il meritato apprezzamento. Anche le generazioni future devono apprendere quanto accadde loro. Il loro duro destino spesso è rimasto troppo a lungo nel cono d’ombra della ricerca storica. Il lascito di Primo Levi – egli ha sottolineato – ha accompagnato e motivato gli storici della Commissione nel loro lavoro”. La risposta storica al capitolo più buio della storia tedesca non può che essere l’Europa (cioè la cooperazione).” L’Europa – ha concluso Westerwelle – è la risposta di pace a secoli di guerre fratricide, e guarire le ferite è molto più difficile, anche umanamente più doloroso che dare forma alla cooperazione”.