Nei Lager i militari italiani, grazie alle radio clandestine, di cui la più famosa fu «radio Caterina», furono informati prima dei tedeschi della liberazione di Roma e dello sbarco alleato in Normandia
Il 6 giugno 1944, nel campo di Sandbostel gli italiani internati, informati dalle radio clandestine dello sbarco in Normandia, riempiono di barchette di carta la grande pozza d’acqua che loro chiamavano “il laghetto”, ma i tedeschi, all’oscuro dell’accaduto, non capiscono. V. Emanuele Giuntella, internato romano a Sandbostel, ci fa un emozionante racconto della liberazione di Roma, avvenuta due giorni prima. Quando da una radio clandestina si seppe che Roma non era più dei tedeschi, gli internati romani si trovarono sul piazzale dell’appello ad abbracciarsi e la gioia li spinse a cantare “L’inno a Roma”, un canto insolito in quella situazione, ma che bene esprimeva la loro allegrezza. «Sole che sorgi libero e giocondo, sul colle nostro i tuoi cavalli doma; tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggior di Roma».
Era un canto di cui il fascismo si era appropriato per esprimere attraverso quei versi di ascendenza oraziana e la musica di Giacomo Puccini i suoi anacronistici miti imperiali, «ma quel pomeriggio – dice V. Emanuele Giuntella – il sole anche per noi non poteva mirare nessuna cosa al mondo più bella della nostra Roma, liberata dal tallone di ferro per essere restituita alla sua missione civile e religiosa».